La calcara di Bergiola per la produzione della calce

calcara di Bergiola

E' un forno per la produzione della calce utilizzata come malta per la saldatura delle pietre da costruzione e l'intonacatura degli edifici.

La calcara era realizzata su un pendio con un lato interrato e composta da mura molto spesse, composte da pietre resistenti al calore. La loro forma era cilindrica o a botte, con la sommità stretta. Il diametro variava a seconda della grandezza che si voleva ottenere. Nel lato a valle si lasciava un'apertura indispensabile per alimentare il fuoco e per togliere la cenere. Solitamente l’apertura era più stretta in prossimità dell’interno e più larga verso l’esterno. Questo tipo di apertura era funzionale al caricamento del combustibile (fascine di legna), sia al creare zone meno calde dov’era più facile l’operazione di alimentazione.

Per produrre la calce si raccoglievano sassi di roccia calcarea di dimensioni non eccessive, in modo che fosse più facile la loro lavorazione. Raccolti i sassi si procedeva con la preparazione della camera di combustione. Solitamente veniva creata una volta di pietra all’interno della calcara, su cui si posizionavano i sassi. All’interno della volta, nello spazio vuoto creato, si mettevano le fascine di legna attraverso l’apertura esterna. Quando la calcara era stata riempita dei sassi da cuocere, veniva “chiusa” alla sommità con uno strato di sassi resistenti al calore o con argilla, avendo cura che rimanessero i fori per l’uscita dei fumi. L’aria necessaria alla combustione veniva spirata o dalla porta o da un apertura posta sotto la porta stessa.
Le fascine erano composte da legname finemente tagliato e la cottura poteva durare dai 3 agli 8 giorni a seconda della fornace. La temperatura di cottura variava tra gli 800 e 1000 gradi. Vari addetti si alternavano per il mantenimento del fuoco che doveva mantenersi attivo senza sosta. La persona con più esperienza o il proprietario stesso, erano quelli che dirigevano il lavoro e sorvegliavano le operazioni. Questo era chiamato fornaciaio.
Si capiva quando le pietre erano cotte dall’odore emesso dalla fornace. A quel punto per verificare lo stato di cottura, si prendeva uno dei sassi e lo si buttava nell'acqua fredda e si verificava la tumultuosa reazione oppure, con un punteruolo, si verificava la durezza delle pietre.

Quando pronta seguiva il lavoro di estrazione dal forno, un lavoro delicatissimo e pericolosissimo.
I sassi a quel punto si erano trasformati in calce viva, un materiale altamente reagenti con l'acqua e pericolosa da gestire.
La fase successiva era quella di irrorarla d’acqua per trasformare la calce viva, tramite reazione chimica, in calce morta (o calce spenta) pronta per l’utilizzo. Questa operazione non era priva di pericoli e solitamente veniva svolta in vasche o in fosse scavate nel terreno. La tumultuosa reazione chimica scatenata dal contatto dell’acqua con la calce viva, poteva anche dar luogo a gravi ustioni.
Al termine di questa operazione la calce era pronta.
Sicuramente era un lavoro molto antico, duro e pericoloso.


 

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