Riporto un articolo scritto da Gino Cabano su facebook nelle pagine Cavanei, Barbazzano, Storie e Notizie del Monte Caprione di Lerici.
L’edificio di due piani, misura 13 metri per 5. Si trova sopra la via che dal M.Rocchetta scende a Ameglia, in Baldonica, nel M. Gruzza (Maga), territorio di Ameglia sino al 1940.E’ conosciuto come il “Lazzaretto” e probabilmente venne adoperato dagli inizi del 1800 in poi, nonché nell’ultima epidemia di spagnola nel 1917-18. Non so quanto la notizia possa essere vera in quanto nella tradizione locale, si dice che gli sventurati ospiti, che difficilmente tornavano a casa,venissero sepolti, ricoperti di calce viva, nei boschi circostanti. Gli effetti devastanti della “spagnola” erano ben noti, come altrettanto inutili tali precauzioni. Molto più probabile che ci si riferisse all’epidemia di tifo o colera del 1911. Ogni Comune aveva i suoi lazzaretti e il Secolo XIX, in un suo articolo, testimonia che “che da tempo era stato designato come lazzaretto una casa di campagna sita lungo la via mulattiera Barcola -Lerici. Tale località per la sua ubicazione si prestava molto a proposito per Lerici capoluogo come per le frazioni di Pugliola e di Serra..... mentre tale disposizione veniva effettuata, una turba infuriata di donne e di ragazzi di Pugliola, investì il fabbricato e con una fitta sassaiola lo rese in pochi minuti inabitabile.” Anche nel 1891 l’edificio potrebbe essere stato utilizzato per l’eccessiva moria nel territorio. Riccio Giacinto, guardia urbana di Lerici, lo ricorda in una sua lettera al Consiglio Comunale dove scrive “... mesi addietro, allorchè a Lerici infuriava il vajuolo, egli, interpretando ed eseguendo gli ordini de’ suoi superiori, prestò un continuo e attivo servizio straordinario, sia curando il trasporto dei cadaveri, sia eseguendo la di sininfettazione delle case...”. Nel 1884 c’era stato anche il colera ricordato dal quotidiano La Nazione “.. A Lerici, ameno paesello, tutti gli abitanti, armati di bastoni e di fucili, zappe e altri utensili, con alla testa il loro sindaco, formano da loro stessi il cordone sanitario, allontanando qualsiasi persona che o per la via di terra o di mare tentasse valicare il confine della zona da essi abitata”. Murato sulla facciata è ancora visibile un contenitore in coccio che probabilmente conteneva un prodotto infiammabile per segnalarne la posizione nelle ore notturne. Nell’Archivio comunale di Ameglia dovrebbe trovarsi traccia dell’edificio e del suo uso.