Nell'antica Lunigiana, il taglio della legna costituiva una pratica comune. Le dense foreste di faggio mostrano ancora carbonaie e piccoli insediamenti dei boscaioli. Tuttavia, i segni legati al taglio e del trasporto della legna a valle sono scarsamente visibili. Presso Iera di Bagnone, nelle vicinanze dell’alpeggio di Capanne in Garbia, sorge una monumentale testimonianza di questa antica “arte”: il trasporto dei tronchi attraverso corsi fluviali, noto come "fluitazione".
Siamo abituati a vedere i grandi fiumi con tronchi galleggianti, trainati da piccole imbarcazioni, ma quella è l’immagine più “romantica”, che ci ha restituito il cinema e la tv, nelle immagini dei grandi corsi d’acqua. Da noi i torrenti sono scoscesi ed hanno portate limitate che non permettono il galleggiamento fino a valle dei tronchi.
E’ così che son nate le STUE, ossia delle chiuse artificiali su piccoli corsi, che creano dei bacini d’acqua. Queste apribili all’occorrenza, convogliavano nel torrente una grande massa d’acqua che trascinavano a valle, la legna accatastata precedentemente sulle sponde e ripulita dei rami. Le STUE potevano essere di terra, legno, pietra ed erano costruite in luoghi adatti, dove l’ostruzione del torrente poteva creare un invaso abbastanza grande per lo scopo. Le più semplici prendevano il nome di STUETTE ed erano fatte con tavole, tronchi o ramaglie. La STUETTA avevano un funzionamento molto semplice: l’acqua riempiva l’invaso fino al suo orlo, a quel punto veniva fatta collassare. Le grosse STUE invece, erano in pietra con saracinesche apribili in tronchi d’albero.
Questo metodo di trasporto ha conosciuto la sua popolarità in Italia dal Medioevo fino al XIX secolo, rappresentando una soluzione economica per le zone adiacenti ai torrenti. Tuttavia, non era privo di sfide, dato che le inondazioni controllate potevano causare notevoli danni a valle. Una volta giunta a valle con la piena, la legna veniva raccolta in specifiche aree fluviali (pozze costruite appositamente o aree di sfogo per la piena) e recuperata con ganci. Nel suo scorrere impietoso, capitava che la legna si incastrasse, richiedendo un ulteriore rilascio d'acqua dalla STUA. Ovviamente poteva anche capitare di perdere una piccola parte di legname nel trasporto irruento dell’acqua.
La STUA di Iera, chiamata “Il Muraglione”, era un imponente “diga” di pietra aperta al centro per 4-5 metri e da una stima fatta, doveva essere alta circa 12-14 metri (come si vede dalla foto in cui mi si vede ai suoi piedi). L’attuale apertura veniva chiusa da tronchi di legno ed una saracinesca di legno che veniva aperta per lo scopo. Ovviamente parliamo di un invaso che veniva riempito solo all’occorrenza e probabilmente nei periodi in cui il torrente aveva portate d’acqua maggiori.
La sua unicità in Lunigiana resta incerta, ma il suo valore storico e culturale è indiscutibile, incastonata in un contesto naturalistico incontaminato. Personalmente, rimango profondamente ammaliato dalla grandiosità di tale manufatto in un luogo di tale inaccessibilità. Risulta persino difficile immaginare la fatica nel creare questa opera in questo luogo, visto che le grandi pietre sono accuratamente squadrate e riposte con ordine secondo una logica.
PS
Ringrazio Francesco Poletti che alle foto messe su FB, mi ha individuato la sua funzione e conseguentemente ha messo in moto la piccola ricerca